094 – Dépêche di aprile 2012
FranceseSpagnolo

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La legge di Wolff (chirurgo tedesco 1836-1902) è un concetto classico della chirurgia ortopedica che si enuncia come segue:
– il tessuto osseo si forma e si riassorbe in funzione delle forze meccaniche che subisce ;
– la sua resistenza varia in funzione della direzione in cui il carico è applicato ;
– il tessuto osseo è più fragile in tensione che in compressione ;
– l’attività muscolare modifica le forze sopportabili dalle ossa in vivo.
(L’applicazione di questa legge in ortopedia si traduce ad esempio nella scelta del tipo di osteosintesi).

Questa legge, enunciata ormai molto tempo fa, si basa unicamente sull’osservazione sul campo, e ha trovato recentemente la sua giustificazione grazie allo studio del fenomeno di meccano-trasduzione ossea, cioè la trasformazione di un segnale meccanico in un segnale chimico al livello cellulare.

Questo processo è indotto dalla pressione meccanica sull’osso (che genera tra l’altro un effetto piezo-elettrico e quindi un campo elettromagnetico), che attiva gli osteociti meccano-sensori, modifica la ripartizione del fluido interstiziale e produce una modifica delle caratteristiche morfologiche delle cellule ossee (adesione-rigidità-motilità), una modifica del citoscheletro e quindi della tensegrità cellulare.

Alla scala macroscopica questi rimaneggiamenti permanenti si traducono con il rimodellamento osseo (produzione e riassorbimento ossei), processo fisiologico molto intenso durante le fasi di crescita, ma che prosegue anche all’età adulta, che determina la forma, la taglia e la qualità dell’osso. Questa pressione meccanica macroscopica è legata essenzialmente all’attività muscolare, variabile nel tempo a seconda del gruppo muscolare adoperato e dell’attività fisica.

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Le alterazioni di questo rimodellamento, legate a delle forze meccaniche inadeguate, si traducono con delle anomalie di crescita i cui esempi più classicamente rincontrati sono le displasie osteo-articolari.

In osteopatia i muscoli sono inclusi più generalmente in ciò che viene indicato dal termine fascia, inteso con un’accezione molto più larga che in anatomia classica. (Si includono, oltre ai muscoli, anche legamenti, tendini, aponeurosi e tessuti connettivi, e perfino il periostio per quello che riguarda il sistema muscolo-scheletrico). La fascia è una delle componenti essenziali del sistema di tensegrità, modello generale di studio dell’organismo vivente in osteopatia, e già ampiamente provato al livello cellulare. (Sistema di tensegrità = sistema in stato di auto-equilibrio stabile, comprendente un insieme di elementi discontinui compressi all’interno di un continuum di elementi tesi).

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La fascia (in senso lato) è un sistema in tensione (tipo « tirante ») completato da elementi in compressione, che sono le ossa (esse stesse costituite con un sistema di tensegrità).

Questi concetti, che si sono costruiti con il corso del tempo e in domini differenti, si trovano quindi così in concordanza grazie alla ricerca in fisica fondamentale e alla sua applicazione in biofisica. Essi mostrano l’importanza della biomeccanica generale, dello studio dei sistemi di forze in tutte le dimensioni dello spazio e nel tempo, immediato (movimento dell’animale) e a lungo termine (sulla durata di vita dell’animale).

L’osteopatia permette di lavorare su queste forze, di cui le risultanti costituiscono un sistema di eliche fasciali, che sia a livello tronculare, midollare o appendicolare (ritroviamo questa foggiatura di segmenti ossei degli arti, soprattutto nelle razze condrodistrofiche). Lavorando sulla fascia, sulle sue tensioni e le sue zone di aderenza, si può agire sulla maniera in cui le forze si applicheranno sulla struttura ossea. Si può quindi agire sulla biomeccanica del corpo, alleviare le zone in sofferenza e limitare le anomalie di rimaneggiamento osseo.

L’osteopatia è quindi un’opzione essenziale per permettere una crescita armoniosa, in associazione con un’alimentazione e un’igiene di vita adatti ai bisogni dell’organismo. Bisogna quindi integrarla sistematicamente e precocemente nei controlli dell’animale giovane per depistare e trattare le disfunzioni prima che il loro impatto non comprometta il futuro del paziente.


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